von mas 10.02.2020 18:45 Uhr

La “solidale italianità” tradita. – 1° parte

RADICI: Storia & Storie di Maurizio Panizza – Dopo più di 100 anni, un’inchiesta giornalistica rivela l’amara verità sugli aiuti alle vittime del terremoto di Calabria del 1905. Oggi la prima parte di questa Storia, domani la seconda.

Sorprendendo nel sonno migliaia di persone, il terremoto arrivò all’improvviso con un’enorme potenza distruttiva, scuotendo fin dalle fondamenta i muri delle case e facendo in pochi secondi più di 500 morti e 3mila feriti. Erano le 2.45 della notte tra il 7 e l’8 settembre del 1905, quando il terribile sisma colpì le coste tirreniche della Calabria radendo al suolo centinaia di paesi e mettendo in ginocchio le popolazioni della regione. Molte delle vittime furono dovute al crollo delle case della gente più povera, per lo più costruite con sassi e fango impastato con paglia. La tremenda scossa fu avvertita in tutta l’Italia centro-meridionale, da Roma sino in Sicilia.

Purtroppo le terre del Sud non erano nuove a simili disastri, né lo sarebbero state neppure negli anni successivi (tre anni dopo sarebbe toccato a Messina, con più di 100 mila morti), eppure quel terremoto, pur nella sua tragica drammaticità ebbe una nota positiva. Fu, infatti, la prima volta nella storia che i giornali italiani e stranieri scrissero in diretta, tramite i propri inviati, le cronache di quei giorni atroci dando il via ad una straordinaria gara di solidarietà.

Luigi Barzini, storico inviato del Corriere della Sera, scrisse l’11 settembre un editoriale in cui diceva: “In Calabria si muore. I danni del terremoto sono immensi, ma sono le vecchie piaghe della Calabria che li hanno fatti tali e che adesso rendono difficile ripararli”. Era un grido disperato di soccorso. In effetti, dall’Unità d’Italia in poi non c’erano stati grandi cambiamenti in Calabria. Sotto il governo giolittiano, il ministro Sonnino aveva sì prestato attenzione alla questione meridionale, ma favorendo i potenti ceti agrari sperando che le masse contadine ne avrebbero tratto vantaggio. La formula, piuttosto discutibile, non aveva però funzionato.

Il grido d’aiuto, comunque, fu raccolto in molte parti d’Italia e giunse pure  oltre confine, in Austria, dove in diversi paesi del Sudtirolo di lingua italiana (l’attuale provincia di Trento) si costituirono immediatamente comitati per raccogliere fondi in aiuto delle popolazioni terremotate.

Il primo a lanciare l’idea fu l’irredentista roveretano Arnaldo Tolomei (fratello del più tristemente noto Ettore, futuro senatore fascista), il quale da Roma scrisse immediatamente all’amico Giuseppe Silli, podestà di Trento, „affinché il Trentino non perdesse l’occasione per manifestare la sua solidale italianità verso una regione del Regno bisognosa di aiuto“.

In breve si mobilitarono Trento e Rovereto, ma anche Riva del Garda, Arco e Ala, e la stessa cosa accadde nel vicino Veneto con numerose città fra cui Padova, Verona e Venezia. In poco tempo, nacque così l’idea di costituire un “Comitato Veneto-Trentino pro Calabria” per poter realizzare insieme un progetto di solidarietà per le popolazioni colpite dal sisma.

Il giornale trentino “La Voce Cattolica”, di cui era direttore un giovanissimo Alcide Degasperi, nell’edizione del 9 dicembre 1905 riportava la notizia in cronaca, annotando come i rappresentanti dei singoli comitati riunitisi a Verona, dopo lunga discussione avevano stabilito “che le somme raccolte sarebbero state destinate alla costruzione di un villaggio di case operaie per i poveri da intitolarsi Veneto-Trentino”.

Per la città di Trento – si legge – era presente il podestà Giuseppe Silli, per Rovereto l’avvocato Angelo Pinalli, mentre Alessandro Bottesini rappresentava il comitato di Riva del Garda ed Enrico Francescatti quello di Ala. La somma sin lì raccolta ammontava a 174.137 lire.

  • La Voce Cattolica - 9 settembre 1905
  • La Voce Cattolica - 9 settembre 1905
  • Aiuti per la Calabria 2 - La Voce Cattolica , 9 dicembre 1905

Dopo quell’incontro il Comitato non perse tempo e tramite le autorità calabresi vennero subito interpellate le amministrazioni locali. Dapprima il cospicuo contributo (circa 600 mila euro attuali, ma con un potere d’acquisto enormemente maggiore per l’epoca) venne proposto al piccolo comune di Terrati, il quale però venne presto escluso per via del tentativo di speculare sui terreni da vendersi al Comitato, quintuplicati di valore nel giro di pochi giorni. Determinante fu allora l’intervento del deputato calabrese Luigi De Seta, che convinse il Comitato a scegliere, come destinatario dei fondi, Cetraro, paese di 7 mila abitanti sulla costa tirrenica a circa 20 chilometri a nord di Paola, il quale, a dire il vero, non aveva subito danni significativi come, ad esempio, Piscopio o Stefanaconi .

Comunque sia, avviate le trattative con i modi e i tempi dettati dalla situazione, dieci mesi dopo – il 23 settembre 1906 – gli amministratori di Cetraro presero l’impegno di fornire gratuitamente il terreno su cui edificare il nuovo villaggio in riva al mare. Un terreno all’epoca acquitrinoso e malsano che necessitava di adeguata bonifica. Il Comitato, dal canto suo, avrebbe realizzato, oltre alla scuola e a una chiesa, 18 villette antisismiche in muratura a due piani.

  • Cetraro Marina

Nei mesi successivi i contatti con la Calabria si intensificarono e il Comitato fornì al Comune di Cetraro un primo progetto di ciò che si intendeva realizzare. L’idea originaria prevedeva la costruzione di quattro file di edifici posti a emiciclo attorno alla piazza centrale, a poche centinaia di metri dalla battigia.

In seguito, invece, su richiesta dell’Amministrazione comunale si preferì costruire un quartiere più vicino ai gusti e alle tradizioni locali, con piazza centrale di forma rettangolare e gli edifici allineati in file parallele alla strada e alla ferrovia. Ciò che in sostanza è ancora oggi la Marina di Cetraro.

  • L'ambizioso progetto

I vertici del Comitato Veneto Trentino erano il Sindaco di Venezia, Filippo Grimani, Antonio Guglielmi Sindaco di Verona, Giuseppe Silli Podestà di Trento, il Presidente della deputazione Provinciale di Treviso e, infine, l’ingegnere Beppe Ravà, delegato tecnico quale alto funzionario del Ministero dei Lavori Pubblici.

Fu lo stesso Ravà che in data 5 marzo 1907 inviò al Comune di Cetraro copia dello Statuto per l’erezione in Ente morale del Comitato stesso. Il secondo articolo recitava: “Il Borgo che sorgerà su terreno donato dal Comune di Cetraro all’Ente Morale denominato “Comitato Veneto Trentino “Pro Calabria”, rimarrà in proprietà dell’Ente stesso e le case verranno concesse in locazione ai naturali meno abbienti del Comune predetto, e preferibilmente ai marinai e pescatori.”

Le motivazioni per cui il Comitato riservò a sé il “controllo” sul Borgo le troviamo in un verbale riservato dove si afferma fra l’altro che l’affitto chiesto agli assegnatari sarà molto “tenue” e che “data la non troppa moralità delle amministrazioni locali, si ritiene pericolosa la cessione delle case al comune”.

  • Baracche costruite dopo il terremoto
  • Baracche costruite dopo il terremoto

In effetti motivi per dubitare sui destini dell’opera pare ce ne fossero sin dall’inizio… quanto questi fossero fondati, lo scopriremo domani, nella seconda puntata di questa „Storia & Storie“ (che si può trovare anche a questo link)

 

  • Maurizio Panizza - ©Cronista della Storia - maurizio@panizza.tn.it ©Copyright - Maurizio Panizza. Tutti i diritti riservati. La riproduzione, la pubblicazione e la distribuzione, totale o parziale, del testo e/o delle fotografie originali sono espressamente vietate in assenza di autorizzazione scritta.
Jetzt
,
oder
oder mit versenden.

Es gibt neue Nachrichten auf der Startseite