An der Front: Passo Buole

An der Front: una linea immaginaria, ma fortemente evocativa. 76 croci issate tutte insieme nel 2015, lungo il confine meridionale del Tirolo, per ricordare i nostri Standschützen.
A questa lunga serie di luoghi simbolici, recentemente se n’è aggiunto uno: Passo Buole.  Dietro c’è un lungo lavoro di ricerca e di preparazione, ma anche di ripristino e di pulizia del sito, eseguito a cura della SK Roveredo, con la collaborazione del Gruppo Storico Trentino – Welschtiroler Standschützen e delle associazioni culturali Ascaut e Memores. Domenica 20 ottobre, nel corso di una cerimonia semplice ma intensa, la settantasettesima croce di An der Front è stata posata e benedetta.
Ma perché ricordare gli Standschützen a Passo Buole? Fra i nomi del lungo elenco di soldati sepolti nel Soldatenfriedhof „Eroi di Passo Buole Nr. 2“, caduti nei sanguinosi scontri della Frühjahrsoffensive, fra il 15 maggio e il 27 giugno 1916, non sembrano essercene.
Invece gli Standschützen, in particolare quelli della Compagnia di Vallarsa, si schierarono anche qui a difesa delle loro famiglie, delle loro case, della loro (e della nostra) Heimat. Ce lo racconta Luca Campagna.
La croce posata a Passo Buole il 20 ottobre riporta finalmente un po‘ di giustizia nei confronti degli Standschützen Trentino-Tirolesi che hanno combattuto in un luogo simbolo della prima guerra mondiale. Simbolico a tal punto che spesso gli italiani lo definiscono come le „Termopili d’Italia“, anche se la sproporzione di forze a cui alludono non è che l’ennesima mistificazione storica a cui noi Tirolesi siamo purtroppo da sempre abituati. Si, perché a Passo Buole hanno combattuto anche gli Standschützen della Compagnia di Vallarsa nei mesi di maggio e giugno 1915.
In particolare viene spesso citato in bibliografia lo scontro del 4 giugno 1915. La Compagnia dei Vallarseri era sparpagliata lungo l’intera valle, facendo fronte agli Alpini del battaglione Vicenza, del battaglione Verona ed ai fanti della Brigata Roma (questa si che è una sproporzione di forze). Quindi tra Passo Buole e i roccioni del Coni Zugna si poterono schierare ben pochi fucilieri, che però svolsero egregiamente il loro compito imponendo un rallentamento all’avanzata Italiana, timorosa dei lutti che in valle i Cecchini di Vallarsa stavano causando in numerose occasioni.
Nel libro „Vallarsa e la sua gente“ del Prof. Geremia Gios e di Aldina Martini viene riportato un episodio direttamente legato all’attività dei nostri Scizzeri. È una storia della quale ancor oggi si parla in valle e che è emblematica di ciò che significarono quei giorni per i nostri difensori e per le loro famiglie.
Nel villaggio di Obra occupato dai soldati italiani a fine maggio 1915 viene forzosamente arruolato come guida Luigi Zendri detto „l’uselet“, uno dei pochi uomini presenti in valle: gracile e piccolo,  non era ancora stato inquadrato nell’esercito Austriaco. Gli Italiani vogliono portarsi a Passo Buole e sul Coni Zugna, dove però temono imboscate. Luigi sa che gli Standschützen di Vallarsa, insieme a quelli di Trambileno, per tre anni di fila hanno condotto esercitazioni congiunte proprio tra quelle rocce e conosce quindi i danni che sono in grado di arrecare ad un plotone in avvicinamento.
Porta così gli Italiani fin sotto Passo Buole e poi si getta in uno dei ripidissimi canali usati per l’esbosco del legname, per evitare i micidiali colpi degli Standschützen. Non si conoscono i dettagli dei caduti in quell’occasione, ma si sa che il povero Luigi viene catturato ed inviato nei campi di concentramento in Sardegna insieme alla colpevolissima moglie ed ai suoi tre bambini piccoli. Lì viene fatto morire di fame e di stenti, con lui muoiono anche la moglie ed uno dei bimbi. Gli altri due piccoli si salvano solo perché i genitori si privano di quel poco cibo per maiali con cui vengono rifocillati per donarlo ai figli. Dopo la guerra i parenti devono recarsi personalmente sull’isola per riportare a casa i due poveri bimbi superstiti.
Gli Standschützen di Vallarsa combatterono per la loro Terra, molto probabilmente per l’Imperatore, sicuramente per Luigi e per i suoi figli che dopo la guerra diventarono i figli di tutti loro. Per questo è giusto che su a Passo Buole ora ci sia una croce a ricordarli.
Percorso: Fra i tanti percorsi possibili, indichiamo quello che parte da Rovereto. Sulla SP89 si sale lungo la stradina di montagna che porta al Rifugio Coni Zugna. Lasciata l’automobile, prendere il sentiero n. 115 che lungo una strada forestale conduce al Parco della Pace, dove si possono ancora vedere i ruderi di una nostra linea di difesa. Da qui lungo un sentiero si scende fino al Passo della Portela che porta attraverso terreno roccioso lungo le pareti del Coni Zugna e di Cima Selvata e quindi a Passo Buole. La via di ritorno segue lo stesso percorso dell’andata.
Dati tecnici: Percorso montano. Calcolare 4 ore per percorrere i circa 12 km del tragitto di andata e ritorno, con un dislivello positivo di 490 metri.






