Briciole di Memoria 134: I Tirolesi nella guerra mondiale

Un articolo scritto da un corrispondente di guerra più di cento anni fa, pubblicato sabato 22 gennaio 1916 sul giornale „Il Risveglio Tridentino“ – il giornale della Imperial Regia Fortezza di Trento. Qui vengono narrati degli episodi successi ad un certo Peppi, a Giacomo e a Toni. Ricordiamoci che questi stessi episodi potrebbero essere accaduti ad un qualsiasi nostro parente che difese la Vaterland, l’Imperatore e la Heimat Tirolese nella prima guerra mondiale.
Man mano che avanzavano in Galizia, mirano i luoghi devastati ed incendiati dalla cavalleria russa. Essi sono invasi dall’ira e presso Iaroslau e Rawaruska giurano vendetta. Più tardi però i nostri montanari sono diventati più quieti; pieno di slancio e con cieca fiducia in se stessi prendono d’assalto le posizioni nemiche: ”Ma che cosa è questo?” Dove sono i russi che con una grandine di piombo tutto abbattono da destra a sinistra? Il Tirolese non ha imparato a trincerarsi? Egli timidamente si guarda attorno; là ufficiale fa un segno; dunque: “a terra!” Ma egli vuole andare avanti e spingersi avanti e spingersi di corsa fino alla linea bruna sull’orizzonte, da dove vengono le palle per massacrare quei malnati. Invece deve restare appiattito a terra ed aspettare. Ma il Tirolese non ha imparato a trincerarsi. Finalmente egli, di mala voglia, dà di piglio al badile e comincia a smuovere una zolla; -cane di un vigliacco- gli grida il vicino, puoi bene aspettare che giunga il comando di trincerarsi. – il comando arriva, e dopo di esso un altro ordine che il tirolese non capisce. Appena si pronuncia l’attacco, i tirolesi non si possono più trattenere; essi non sparano ed anche la baionetta non è loro simpatia; invece lavorano col calcio dei fucili perché esso tiene più duro e vincono continuamente ad onta dei varchi che i russi aprono nelle loro file.
Per due giorni il rancio era ristretto. Quand’ecco giunge il carro di provianda. – salami, lucaniche- si grida! Un soldato ne prende una bracciata per tutta una squadra e si avvia verso le riserve. Quand’ecco suonare l’allarme. Egli resta là come instupidito col suo tesoro fra le braccia, guardando a destra e a sinistra per indagare. Tutti hanno afferrato l’arma e corrono a raccolta ed il nostro uomo dei salami resta lì come la “moglie di Lot”. Ad un tratto egli sente un urto e le lucaniche e i salami gli scappano di mano ed una voce grida: “butta via quella robaccia, ora si tratta di avanzare, puoi bene aspettare a mangiarla dopo la guerra”.
Quando poi si va avanti il tirolese è nel suo ambiente. Se di notte arriva un ufficiale con alcuni uomini al posto di guardia e chiede la parola d’ordine per poter passare indisturbato, il tirolese risponde: si va avanti, il passaggio è libero per tutti; a che si domanda la parola d’ordine per andare avanti? Così corrono tutti effettivamente avanti, in modo che in una notte un Comandante di Corpo non aveva più alcun reggimento presso di sé. Un ora fa essi erano lì, ora sono spariti e l’auto e il cavallo appena li può raggiungere.
D’altro canto i Tirolesi sanno anche tener fermo. Sono d’una resistenza ammirabile. In trincea si lasciano massacrare, ma indietro mai! E se l’affare si fa serio il lavoro penoso e se il nemico tenta avanzare, l’umore tirolese rimane vincitore.
Il Beppi, colla pipa in bocca, si tira dietro, legata ad una corda, una vacca galiziana, seguendo il battaglione che è già lontano. Dei cosacchi gli passano vicino. Egli fa fuoco su loro e la vacca gli scappa. Beppi la rincorre, la piglia e la attacca ad un albero e continua, colla pipa in bocca, il fuoco contro i cosacchi; i quali si allontanano di galoppo per fare tosto ritorno. Beppi tira avanti colla vacca, pronto a mettersi in posizione di combattimento se essi gli vengono troppo vicini. Così egli, sebbene in ritardo, conduce l’animale da macello alla truppa. Chiestogli giustificazione del ritardo, egli si lagna soltanto per le fucilate di quel paio di russi che gli hanno spaventato la vacca.
Oggi il fango polacco è alto a mezza gamba. Due tirolesi spingono avanti un vitello, l’uno davanti, l’altro di dietro. Quand’ecco quello davanti sente lamentarsi il secondo per il fango. Egli si fa dalla parte dove il fango è ancora più alto e dice: Nane, vieni qui dove non c’è tanta polvere!
Un altro giorno è ancora un cosidetto giorno di pece, Giacomo ha da spingere davanti da solo 5 animali. La sete è grande per cui Giacomo è di cattivo umore. Quand’ecco il suo gregge d’un tratto si sbanda. Nando vede le arterie di Giacomo gonfie per l’ira e lo stuzzica dicendo: cos’è, Giacomo, vai oggi alla malga? Giacomino non può fare a meno di ridere nel suo furore.
Così i tirolesi hanno sempre vinto. La loro fiducia in sé stessi è aumentata perché spesso erano soli quando i cannoni russi tempestavano di mitraglia, la nostra artiglieria in causa delle cattive strade, non poteva venire condotta indietro, cosicché i bersaglieri erano abbandonati a se stessi.
Un bel giorno si comanda: ”indietro” i soldati si guardano l’un l’altro. “indietro!” non abbiamo noi sempre vinto, e non siamo ancora in procinto di vincere? Ragioni strategiche!… ma che cosa ne sappiamo noi di ciò? Perché indietro? Nessuno vuol saperne. Le ragioni superiori di strategia non sono penetrate nella testa dei tirolesi neppure durante la ritirata; essi volevano fare “Halt” presso ogni posizione favorevole. Ritirarsi di fronte ad un nemico che non li aveva mai assaliti che si era nascosto così profondamente nella terra e si metteva in difesa dietro tali ostacoli… Essi non sapevano né potevano sapere quanto avveniva sui loro fianchi.
Quando poterono finalmente fermarsi ed occupare le posizioni, altro non desideravano che i russi avanzassero; ma questi sul principio non molestarono nemmeno le guardie di campo! Questa ritirata era stata per loro molto pesante, e il Comandante del Corpo ne va superbo; egli attribuisce alla truppa maggior valore nella ritirata che nella prima offensiva. Nella ritirata si mostra il valore della truppa- la ritirata, come dissi, fu ai Corpi Tirolesi molto antipatica e, solo oggi, sono in grado di comprenderlo, conoscendo la situazione di allora.
S.E.(Sua Eccellenza) Roth mi raccontò dei suoi soldati. Uno aveva udito che anche S.E.(Sua Eccellenza) soffriva la fame da diversi giorni. Egli sa che li per li nulla poteva avere; avendo egli racimolato due uova, le porta a S.E. (Sua Eccellenza) che le rifiuta ringraziando. -almeno facciamo alla metà, Eccellenza”. Un giorno fa molto freddo, e la sentinella è intirizzita. (sua eccellenza domanda) Ogni dopo quanto tempo fate il cambio? (il soldato risponde) Ogni ora, Eccellenza- Quando S.E. esce di nuovo dalla porta, la sentinella contro ogni regolamento lo apostrofa: – Prego, Eccellenza, annuncio umilmente, io ero confuso, prima, noi veniamo cambiati ogni mezz’ora. Così il soldato purificò la sua coscienza.
Durante la lunga lotta di posizione sul Dunajec, dove i tirolesi furono spinti qua e la a seconda dei bisogni e dove ciò non pertanto potevano condurre una vita più passabile che altrove, si manifestò luminosamente il metodo di vita dei nostri montanari; in grazia della quiete relativa loro concessa le loro posizioni avevano tuttavia impronta tirolese. Il tirolese addobba le trincee e la ridotta con gli oggetti più modesti e più semplici che gli stanno a disposizione. Egli si diverte a cucinare l’intero giorno sul proprio focolare di trincea. Canta poco e gioca molto. In trincea egli diventa spensierato, va a passeggio e, quando fa sole si adagia sul ciglio della trincea o dietro di esso. Gli ordini in contrario a nulla valgono. Il russo – risponde- ma non è capace di colpire nel segno.
V’è un obbedienza odiata dal montanaro. Si deve ricorre al cappellano di campo per far loro dire che l’imprudenza è peccato mortale; chi perisce in modo così spensierato perde il paradiso. Ciò fa colpo sui tirolesi. essi frequentano, dove possono, la chiesa, ed in guerra è aumentata la loro pietà; ho visto in chiesa a più d’uno dalla barba grigia scorrere lagrime sulle guancie.
Il Tirolese, così accanito nell’assalto però è proclive alla commozione. -signor maggiore, le annuncio umilmente, che ho incontrato colà una pattuglia nemica. -Perché non le hai sparato addosso? -Prego di perdonare, signor maggiore, ma essi erano senza fucili. Perfino nella lotta “corpo a corpo” egli lascia cadere le armi quando non si tratta più di difendersi o di vincere un nemico a lui superiore; in caso contrario egli è un vero guerriero sino al midollo.
Dove si può avere un successo con piccolo sacrificio, i tirolesi lo ottengono; ma se la cosa non riesce loro interamente, allora singoli soldati vogliono provare la loro abilità di cacciatore, la loro astuzia contadinesca, il loro coraggio. -Signor capitano la pregherei di poter recarmi via dai russi a menarne qui un branco.- Se ne prendi un centinaio puoi andare. -Ma vorrei ottenere un’onorificenza. – Se ne prendi 100, avrai la medaglia. Toni si avvicina strisciando ai reticolati nemici, si apre un sentiero, si alza d’un tratto sul terrapieno e d’un salto si lancia in trincea; poi, là discute a lungo coi russi esterefatti. -Zitti, e venite e con un movimento della mano sul ventre può capire che i russi desiderano i “canederli” tirolesi. -Parlate tedesco dice egli. – Si avanza un ebreo col quale si iniziano le trattative. Toni stringe la mano a ciascuno e dà la parola d’onore che non verrebbe torto loro un capello. E dopo due ore di trattative egli arriva presso i suoi con…200 russi.






