Uno strano scambio tra generali:

Guardate con attenzione questa fotografia. No, non è una delle solite immagini della guerra: quella arriverà un anno dopo. Studiandola col metodo dell’indagine investigativa scopriremo fra poco che si tratta, invece, di un’istantanea unica, mai pubblicata fino ad ora e che rivelerà un forte legame storico con la terra trentina. Osserviamola bene. A sinistra ci sono alcuni ufficiali tedeschi. A destra, ne vediamo almeno tre di italiani. Chi sono? Sul retro della foto c’è solo una data e una scritta vergata a penna, in tedesco: “15 maggio 1938. Erich Koch, con il Generale Renzetti”.
Da giornalista sempre attratto dalla ricostruzione di eventi del passato, dopo avere trovato per caso in internet questa “strana” fotografia, circa un anno fa, mi sono subito messo all’opera per capirne qualcosa. E come sempre l’ho fatto con la regola delle cinque “W” (chi, cosa, quando, dove e perché), stavolta però applicando il metodo alla foto, anziché alla notizia.
Innanzitutto vediamo di rispondere alla prima domanda e, dunque, chiediamoci chi possano essere i due alti ufficiali ritratti nella foto.
Le ricerche mi rivelano che il primo a sinistra è Erich Koch, nel ’38 Gauleiter (responsabile di partito) per la Prussia Orientale e successivamente Commissario del Reich per l’Ucraina. Koch fu un governatore sanguinario e crudele, convinto della necessità di soggiogare al potere “ariano” tutte le genti slave, considerate dal Reich un popolo inferiore.
Mandante di tutti gli orrendi massacri che vennero commessi nella sua area di competenza, fu molto vicino a Hitler e alla sua folle ideologia criminale. Alla fine della guerra tentò di fuggire in Sud America, ma venne scoperto e arrestato. Nel 1959 fu processato e condannato a morte. Tuttavia, forse grazie a segreti che lui pare custodisse a riguardo dei Russi, la pena venne commutata in ergastolo. Morì in prigione nel 1986.
Il secondo personaggio della foto, quello che riceve qualcosa dalle mani di Koch, è l’ufficiale fascista Giuseppe Renzetti che nella nota sul retro viene descritto come “generale”. A dire il vero, però, Renzetti non arrivò più in là del grado di maggiore e l’equivoco, probabilmente, è da ricondurre al fatto che a all’epoca lui era Console generale d’Italia a Berlino.
Nonostante un ruolo pubblicamente defilato, in realtà Renzetti in quegli anni era l’uomo di fiducia del Duce, incaricato di mantenere i rapporti con i rappresentanti della destra tedesca. In tale veste aveva acquistato la piena fiducia di Hitler che cercava una via di comunicazione sicura e diretta con Mussolini. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, Renzetti ricoprirà, tuttavia, ruoli più marginali. Morirà in Toscana, da uomo libero, nel 1953.
Scoperti i personaggi, cerchiamo ora di rispondere al secondo quesito, di “cosa” cioè rappresenti la fotografia. Trovato questo particolare, forse sarà possibile capire anche il resto del contesto. In effetti, cercando ulteriormente in rete, trovo un sito tedesco che mi dà la risposta che volevamo: l’incontro rappresenta la consegna di una “scatola ambrata contenente dell’acqua”. Ma cosa vuol dire?
Proseguendo nell’indagine, comprendo il senso di questa frase, che a sorpresa scopro legato alla città di Rovereto e più precisamente alla consacrazione della seconda Campana dei Caduti, avvenuta nel maggio del 1940.
Come forse qualcuno ricorderà, la prima campana – fusa nel 1924 con il bronzo dei cannoni degli Stati che avevano partecipato alla Grande Guerra – pur essendo riuscita dal punto di vista estetico, altrettanto non poteva dirsi del suo tono musicale. Per questo motivo si era deciso di provvedere alla sua rifusione presso una fonderia di Verona.
E per la riconsacrazione di “Maria Dolens” – questo il nome dato alla campana – il suo ideatore don Antonio Rossaro, pensò nel 1938 di chiedere a tutti gli Stati ex belligeranti di inviare un’ampolla contenente l’acqua di un fiume legato alle loro vicende di guerra. Questo, affinché le acque di tutti i Paesi potessero unirsi nel nuovo battesimo, così come allo stesso modo era avvenuto molti anni prima per il metallo dei cannoni.
“L’idea – leggiamo in un interessante volume di Renato Trinco e Maurizio Scudiero – fu subito accolta con entusiasmo dal Ministro degli Esteri, da tutte le Ambasciate e dai Consolati, in quanto la Campana aveva diffuso per anni il suo messaggio di fraternità universale (inutilmente a quanto pare, visto ciò che sarebbe accaduto di lì a poco – ndr). Da ogni Paese interpellato ben presto giunsero a don Rossaro le “acque sacre”, prelevate con suggestive cerimonie ed inviate in eleganti ampolle, preziose anfore di tutte le forme e colori, alcune autentiche espressioni artistiche dei luoghi d’origine.
Ecco, dunque, spiegato il significato dell’incontro fra ufficiali tedeschi e italiani fissato in quella foto, di cui neppure l’attuale Fondazione Opera Campana dei Caduti era a conoscenza.
Certo, manca il nome del luogo (il “dove”) in cui fu scattata la fotografia. Forse a Rovereto? Difficile: ne sarebbe rimasta testimonianza. E’ possibile, invece, che sia stata fatta a Berlino dove Renzetti era Console in quel periodo.
Arrivato a questo punto, all’esito delle mie ricerche mancava ancora un altro particolare: scoprire la provenienza dell’acqua contenuta in quell’“ambrato contenitore germanico”. A seguito di ulteriori ricerche – piuttosto complesse, per la verità – posso ora confermare che l’acqua era quella del fiume Marna, a est di Parigi, dove avvenne una delle battaglie più sanguinose della Prima Guerra Mondiale. Una battaglia avvenuta nel settembre 1914, nella quale la Germania perse più di 100 mila soldati, fra morti e feriti. Fu qui, lungo il fiume, che gli anglo-francesi sconfissero i tedeschi e a pensarci bene – mi sovvengo ora – forse è proprio su queste rive che venne scattata la fotografia oggetto della nostra storia.
Tornando, però, alla Campana, dobbiamo dire che essa venne fusa a Verona il 13 giugno del 1939, ma che prima di giungere a destinazione rimase depositata per undici mesi nel magazzino della Fonderia Cavadini. Il clima in Europa, infatti, faceva presagire cupi venti di guerra che mettevano in dubbio se procedere o meno alla consacrazione della Campana “della pace”.
Le perplessità furono sciolte non appena il dinamismo di don Rossaro permise di concludere i preparativi. Il prete di Rovereto, così descrive nel suo diario il lungo viaggio di risalita da Verona verso Rovereto:
“Alle 10 del 25 maggio 1940, la Campana giunse in piazza Bra dove tutti si riversarono dai caffè e dai negozi al suo passaggio. Attraverso le varie borgate e paesi si fecero grandi accoglienze alla Campana dei Caduti. Molto di più se ne avrebbe fatte se il popolo non fosse stato depresso e funestato dal terror della guerra imminente, da continue chiamate alle armi. Grandiosa accoglienza poi ad Ala, banda e folla imponentissima e a Lizzanella drappi alle finestre”.
Nel libro di Trinco e di Scudiero si legge inoltre: “Il pomeriggio del 26 maggio del 1940 avvenne a Rovereto la solenne celebrazione della nuova Campana presieduta dal vescovo di Cesarea, mons. Francesco Berretti il quale consacrò la Campana con le acque dei “fiumi sacri” giunte dai tanti stati e mescolate in una sola coppa”.
E’ da segnalare un episodio quanto meno singolare accaduto durante la cerimonia. Avvenne, infatti, che per evidente calcolo politico non fu data lettura del messaggio di papa Pio XII. In esso erano contenute frasi di pace e di fratellanza che chiaramente, nel momento di entrare in guerra, suonavano male al Prefetto Foschi, il quale ne proibì la divulgazione lasciando, invece, ampio spazio all’intervento dell’esponente fascista Amilcare Rossi, Presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti.
Dopo la cerimonia, “Maria Dolens”, tuttavia, non raggiunse subito il Castello a cui era destinata. Sì fermò lì, in piazza Rosmini, per alcune settimane per il semplice motivo che non si riusciva a trovare il mezzo adatto a trasportare in salita lungo vie particolarmente strette, una campana di 3 metri di altezza e altrettanti di diametro e di quasi 163 quintali di peso.
Alla fine, però, il mezzo si trovò, ma il tragitto durò molto più del previsto. La campana, infatti, impiegò quasi tre mesi per raggiungere la sommità delle mura del castello e, complice l’inizio della guerra, ben quattro anni per essere portata sulla sommità del Torrione Malipiero.
In quei tempi tragici, pur di proseguire nel suo progetto don Rossaro cercò di trovare ovunque finanziamenti, sia da privati che da enti pubblici sottolineando, nel suo diario, “l’opportunità che la Campana dei Caduti sia pronta per la fine della guerra.” In tal modo, nel settembre del 1941 ricevette direttamente dal Duce 100.000 lire come contributo per ultimare la costruzione del “castelletto”, mentre nel gennaio del 1944, per sollevare la campana, il cappellano militare chiese aiuto al Comando tedesco di Rovereto, il quale rispose che sarebbe stato disponibile a patto di cancellare dalla “Magna Charta” (il documento ufficiale della Campana) l’accenno ai caduti di Inghilterra, Stati Uniti e Russia, nazioni nemiche della Germania. Ovviamente la richiesta era inaccettabile e quindi non se ne fece nulla.
La campana, comunque, dopo mille peripezie suonerà il suo primo rintocco a guerra finita, il 20maggio del 1945.
A conclusione di questa lunga ricostruzione partita da una semplice fotografia, quando tutto pareva essere tornato al proprio posto, una sola cosa mi rimaneva ancora da scoprire: chi fosse mai stato il misterioso gerarca nazista che esattamente un anno prima, nel 1944, fece visita alla Campana.
Scriveva, infatti, don Antonio Rossaro nel suo diario: “Oggi ho accompagnato alla Campana un alto personaggio politico che mi impose assolutamente di tacerne il nome. Ammirò, meravigliato la Campana e balzò fuori a dire, in un italiano stentato: «Lodo la vostra costanza: rifusa per la terza volta! Voi avete una tenacia degna della mia razza!»”.
Nonostante le mie indagini accurate, sfortunatamente in nessun archivio sono riuscito a trovare qualche indizio a riguardo della misteriosa visita descritta da don Rossaro. Ancora oggi, però, pensando alla sua testimonianza, provo forte la sensazione che quell’importante personaggio politico possa essere stato proprio il generale tedesco Erich Koch, quello della foto, quello che consegnò l’ampolla con l’acqua “sacra” per il battesimo della Campana.
Che sia stato veramente lui l’oscuro visitatore? Don Rossaro, purtroppo, mantenendo fede alla sua promessa non ne rivelò mai il nome.
Fonti:
“Rovereto 1940-45. Frammenti di un’autobiografia della città”, D. Leoni e F. Rasera, Edizioni Osiride, 1993.
“La Campana dei Caduti Maria Dolens. Cento rintocchi per la pace”, R. Trinco e M. Scudiero, Ed. La Grafica, 2000.






