Nei paesi contadini oggi è giorno di benedizione delle stalle e degli animali domestici o da allevamento, affiggendo sull’entrata dei luoghi di ricovero del bestiame un’immaginetta che raffiguri Sant’Antonio. Il santo diventa una specie di Signore degli animali in base ad un episodio agiografico che può essere così riassunto. Alla fine dell’XI secolo le reliquie del Santo erano state trasferite in Francia nella diocesi di Vienne (e precisamente in una cittadina che ancora oggi si chiama Bourg Saint’Antoine) da un nobile pellegrino, Gastone. Nel 1297 nacque l’ordine questuante degli Antoniani, il quale richiamandosi alla regola di Sant’Agostino si diffuse in seguito per tutta l’Europa.
Una singolare specializzazione terapeutica degli Antoniani era quella di curare il “fuoco di Sant’Antonio”, mediante il grasso di maiale misto ad alcune erbe. Questa terribile malattia, che “divorava come il fuoco” soprattutto gli arti inferiori, destinati perciò spesso all’amputazione, era causata da un fungo che si sviluppava nella farina di segale cornuta, largamente impiegata nel basso medioevo dai ceti rurali ed indigenti per confezionare il loro pane quotidiano Sicché le comunità rurali provvedevano ad allevare i maiali, fornendo agli Antoniani il prezioso grasso con cui i frati curavano l’ergotismo, all’epoca epidemico. Cominciano così a diffondersi le prime immagini che raffigurano sant’Antonio con un porcellino ai suoi piedi e che, ancora nel XVII secolo, creavano non lieve imbarazzo ai teologi della chiesa di Roma, i quali non riuscivano a spiegarne i motivi.
L’adagio delle vallate di Trento in questo giorno dice “Sant’Antoni da la barba bianca: se no ‘l pioo, la néo po’ no la manca”, dunque se è bel tempo per Sant’Antonio, verrà ancora molta neve nelle settimane seguenti: sarà così?