von fpm 05.09.2024 13:00 Uhr

05 settembre 1946: l’accordo di Parigi (5)

Un risultato di un compromesso trovato nelle trattative politico-diplomatiche alla Conferenza di pace di Parigi.

Foto repertori, elab. grafica Flavio Pedrotti Moser

Nel trattato si parlava di autonomia per i südtirolesi. Quella frase, all’articolo 2 del trattato, era decisiva per Degasperi. Per Degasperi e per il suo Trentino. La delegazione südtirolese presente a Parigi chiese spiegazioni in merito a Gruber, il quale li rassicurò, ricordando che era comunque previsto l’accordo dei rappresentanti di lingua tedesca («consultando anche elementi locali rappresentanti la popolazione di lingua tedesca»). Ma il parere dei südtirolesi, come si comprese di lì a pochi anni, non sarebbe stato decisivo.  Con quella frase, invece, si posero le fondamenta per l’autonomia trentina, costituisce la premessa per l’autonomia estesa al Trentino. Non ci sarebbe mai stata autonomia a Trento senza quel passaggio nell’accordo. La domanda che viene da fare è se Degasperi già durante le trattative di Parigi avesse in mente il quadro di autonomia regionale che in seguito si sarebbe realizzato, con il Trentino nel ruolo di àncora per il Südtirol, per prevenire eventuali tendenze separatiste di Bozen. Con l’autonomia regionale, la popolazione di lingua italiana era in netta maggioranza: due terzi contro un terzo. Ovviamente, e a ragione, i südtirolesi obiettarono che non era questa l’autonomia che si aspettavano. L’autonomia doveva essere per loro, non per altri. Questo, secondo loro, era chiaramente previsto dal patto.

Ma, la disciplina di questa autonomia era espressa nel trattato in maniera poco chiara, ambigua: poteva essere applicata in un modo come in un altro. L’accordo Degasperi-Grüber era potenzialmente in grado, con la buona volontà, di portare a un’autonomia così come essa si realizzò molto più tardi.  Quella buona volontà venne a mancare da parte italiana. L’autonomia al Trentino, il quadro regionale che alla fine scaturì dal trattato, furono solo un regalo, per così dire, di Degasperi al suo Trentino, o ci furono ragioni politiche più profonde, sia a livello locale che nazionale, per arrivare a quell’assetto istituzionale, al di là della volontà di tenere ancorato all’Italia il Südtirol?

Bisogna considerare alcuni aspetti del problema legato all’autonomia delle due province: Bozen e Trento. Il primo: la firma di Grüber sotto quel trattato significò una chiara, inequivocabile rinuncia all’autodeterminazione del Südtirol, che rimaneva all’Italia, una volta per tutte. Il secondo: la firma di Degasperi significò per l’Italia la fine della questione Brenner. Il confine rimaneva lì, l’eterna questione era risolta. La terza: era interesse di Degasperi garantire un’autonomia al Trentino. E questo non solo perché lui stesso era trentino, ma anche perché voleva neutralizzare qualsiasi   tentazione o ambizione separatista presente in provincia.

Degasperi voleva la tranquillità al Brenner, ma la voleva anche in Trentino. Quella individuata era una soluzione pragmatica a tutti questi problemi. Su quello che successe dopo, sono proprio i trentini a portare pesanti responsabilità. Perché? In questa situazione, i trentini si comportarono in maniera molto peggiore di Roma. Non è un caso che nel novembre del 1957 da Caste Firmian si levò il grido «Los von Trient», e non quello «Los von Rom»: la popolazione di lingua italiana fece valere la propria maggioranza in Regione senza alcuna misericordia. Ma di questo non fu certo responsabile Degasperi. (continua)

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