von mas 09.11.2019 18:30 Uhr

Appena dietro l’angolo: Olga e le opzioni

Luciano Lister ha pubblicato un interessante intervento sulla pagina “Manovali per l’Autonomia”, legato alla tragedia dei malati psichiatrici presi nel vortice delle opzioni 

Foto dalla copertina del libro «Dove ci portate? Wohin bringt ihr uns? Kam nas peljete?»

Nell’anniversario delle Opzioni, un ulteriore momento tragico della nostra Storia, che ne ha conosciuti davvero tanti, anzi, troppi, negli ultimi 100 anni, quello di Luciano Lister è un intervento interessante.  Ne avevamo già parlato su UnserTirol24 (qui il link all’articolo del dicembre 2016).

Oggi abbiamo la possibilità di approfondire l’argomento, andando a conoscere, a fronte di tanta storia comune, la realtà parallela della Valcanale.   Le opzioni coinvolsero in particolar modo il Sudtirolo, ma anche zone dell’attuale Trentino, del Bellunese e della Valcanale – coi comuni di Malborghetto-Valbruna, Tarvisio e parte del comune di Pontebba.

Le dinamiche degli anni precedenti al 1939 videro l’affermarsi delle politiche fasciste di oppressione delle minoranze linguistiche, che acuirono la difficoltà a relazionarsi col nuovo apparato statale e a trovare un proprio posto nella vita lavorativa e pubblica. A esse si aggiunse la speranza di un futuro migliore nel Reich. Fu così che, al 31 dicembre 1939, termine previsto per l’opzione, la stragrande maggioranza degli aventi diritto scelse la cittadinanza tedesca. In Valcanale, di fatto, il diritto fu esteso anche ai madrelingua slovena: l’essenziale era dichiararsi di nazionalità tedesca.

Il destino delle persone con diversa abilità e le voci sull'eutanasia

Entro questa cornice, fino a poco tempo fa, il destino delle persone disabili è stato un tabù. In Sudtirolo nel periodo della seconda guerra mondiale circa 1000 malati psichici e disabili mentali lasciarono la loro terra. Per le opzioni del 1939, a Bolzano fu disposto che per chi non poteva optare autonomamente avrebbero potuto optare i genitori, uno dei fratelli adulti o un legale rappresentante, ma la mancanza di una regolamentazione comportò che per alcuni pazienti non si optò per dimenticanza. I malati e i disabili non rientravano tra “il materiale umano di alta qualità da insediare”.

All’epoca già circolavano voci sulla pratica dell’eutanasia nella Germania nazista e, nell’inviare i malati, i responsabili medici italiani non potevano ignorare i rischi che avrebbero corso i pazienti. Una volta in Germania i pazienti sudtirolesi furono di fatto esclusi dal programma nazista di eutanasia dell’Aktion T4. Resta comunque da chiedersi in quanti casi le cattive condizioni di degenza possano avere influito sulle aspettative di vita dei pazienti.

Le tristi vicende di malati e disabili mentali, sia dei morti che dei sopravvissuti, sono state dimenticate e rimosse dopo il 1945, e per molto tempo è stata data per certa la versione che questi malati fossero stati tutti uccisi dai nazisti.

I pazienti della Valcanale

Alla fine degli anni ’30 furono ricoverati all’ospedale psichiatrico di Sant’Osvaldo di Udine otto pazienti originari della Valcanale, tre donne e cinque uomini. Dalle cartelle relative a sei di questi pazienti, di lingua tedesca e slovena o plurilingui, emerge come fossero tutti stati spostati da Udine, a Pergine, a Zwiefalten in Germania. Sotto la forma del rimpatrio, passarono da manicomi italiani a un manicomio tedesco.

Le loro storie di vita furono tutte diverse, ma furono tutti disabili mentali di giovane o di media età che si trovarono a subire le ricadute di dinamiche più grandi di loro.  Due dei pazienti valcanalesi, i più deboli, morirono a breve tempo dal loro arrivo a Zwiefalten per le cattive condizioni in cui erano mantenuti. Altri due, particolarmente forti, superarono la guerra e vissero a lungo.

Uno sprazzo di libertà emerge dalla storia di Olga: dalla sua cartella sappiamo che evase da Zwiefalten nel 1945. (Se volete saperne di più, potete leggere il libro «Dove ci portate? Wohin bringt ihr uns? Kam nas peljete?», a cura di Paolo Ferrari e Kirsten Maria Düsberg, KappaVu 2019 – Foto tratta dalla copertina del libro)

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