(Estratto da “Briciole di memoria a ottant’anni dalla guerra 1914-1918″ di Giuseppe Smaniotto – pag. 128 / 131)
Briciole di memoria 34: La vergogna della ricostruzione – 2° parte
Nella ricostruzione venne drammaticamente alla luce lo scontro di due mentalità contrapposte, quella seria, corretta ed onesta del nostro popolo tirolese dove la corruzione era praticamente sconosciuta, e quella del conquistatore che oltre alla “redenzione” ci portava la disonestà ed il marciume della corruzione che ancor oggi serpeggia nelle menti di alcuni.
Ben 100 pagine riferiscono i risultati dell’inchiesta che ha riguardato “L’opera di ricostruzione del Trentino”. Pesanti rilievi vennero mossi “per il costo esagerato delle opere, per lavori non giustificati in tutto o in parte da danni di guerra e quindi eseguiti in eccesso per favorire persone legate alla cerchia dei dirigenti o disposte ad elargire loro cospicui riconoscimenti. Molte case di facoltosi furono ripristinate, come quella del Barone Buffa Carlo a Scurelle nella quale si spese la bella somma di lire 170.000″.
Altri pesanti rilievi riguardarono “le deficienze tecniche di esecuzione e le irregolarità nella liquidazione dei lavori e non di rado raggiunsero la proporzione del 50%”. Il caso più clamoroso per la nostra zona è il cosiddetto “Scandalo della Società Edilizia Valsuganese -S.E.V”. Esso viene trattato nel capitolo denominato “Le frodi ascritte alla Società Edilizia Valsuganese”. Questa di costituì a Borgo Valsugana il 1° maggio 1919 nominando gerente fra gli altri il tenente del Genio di Edilizia Territoriale Mario Gattamorta (nato nel 1893 in provincia di Forlì). Con lui dirigevano la S.E.V. il fratello Giovanni Gattamorta e il cavalier Giuseppe D’Anna da Telve.
Quest’ultimo, di professione commerciante di legnami, prima della guerra aveva assunto l’incarico di portare a Bassano, in Italia, le informazioni militari che gli fornivano gli irredentisti baroni Buffa di Telve e i fratelli Costa di Scurelle. Dapprima egli si arruolò volontario negli alpini, poi passò al Genio Militare. Nell’agosto 1915 fu nominato primo sindaco italiano di Borgo ove tenne tale carica fino allo sgombero della borgata nel maggio 1916. Riprese il posto il 4 novembre 1918 al ritorno degli Italiani. A questo trio di galantuomini faceva capo una schiera di intrallazzatori, anche trentini, dei quali si dovettero occupare a lungo i carabinieri, autorità giudiziaria e Commissione Parlamentare.
Appena scoperchiata, la pentola della Società Edilizia Valsuganese venne trovata ricolma di incredibile pattume. Ecco che cosa si legge nella relazione: “Sin dal sorgere della Società corsero voci accusatrici secondo le quali essa avrebbe ottenuto illecitamente dai cantieri militari materiale da costruzione mediate larga distribuzione di compensi a militari e al personale consegnatario, tanto che il Commissario Civile di Borgo, cav. Barbieri Carlo, non mancò di interessare l’arma dei Carabinieri Reali per le indagini. Queste, però, non approdarono a nulla in quanto avrebbero dovuto svolgersi negli uffici e nel Comandi Militari. Proprio dove si trovava uno dei gerenti della Società, il tenente Gattamorta il quale trattò anche le pratiche riguardanti la S.E.V. per cessioni di legname, di attrezzi di lavoro e di baracche. Quando poi era imminentissimo il congedo del detto ufficiale, il suo ufficio stipulò con la Società numerosi contratti, quasi tutti per lavoro a misura, riguardanti il ripristino di un numero ingente di fabbricati nei paesi danneggiati dalla Valsugana”.
La Commissione Parlamentare di inchiesta esaminò per primo il cantiere di Telve che aveva eseguito lavori riguardanti 66 fabbricati di quel comune e di Telve di Sopra. Si giudicò che l’impresa assuntrice avesse conseguito liquidazioni indebite a danno dello Stato per l’ammontare di circa lire 400.000 (pari a oltre 590 milioni di lire attuali). Il capocantiere Martinelli Ubaldo venne immediatamente licenziato: “aveva rilasciato certificati di regolare esecuzione di lavori, in realtà non eseguiti, per un importo ingente pagato indebitamente alla Società . In sette case erano stati liquidati lavori mentre nessun operaio della Società vi aveva messo piede: fra queste le case di D’Anna Giuseppe e del Barone Carlo Buffa.”
Frattanto anche nella revisione dei lavori a Castelnuovo, Borgo e Olle si venivano man mano riscontrando differenze fra quanto eseguito e quanto liquidato. “Appariva che i fratelli Gattamorta avrebbero esercitato larga corruzione di funzionari dei cantieri allo scopo di ottenere la regolare certificazione dei quantitativi di lavori conteggiati ed anche per procurarsi materiali a prezzi irrisori. Le somme distribuite a scopo di corruzione venivano fatte ascendere a 70 od 80 mila lire (attuali a 103-118 milioni circa). Controlli eseguiti sugli stati di avanzamento dei lavori di Borgo, Olle e Castelnuovo dimostrarono che essi risultavano irregolari per circa 95.000 lire (140 milioni), sempre a tutto danno dello Stato”.
I Reali carabinieri portarono a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria di Trento denunzie, accertamenti, verbali e documenti per cui il Procuratore del Re ordinò l’arresto di: D’Anna Giuseppe e tre gerenti S.E.V.; ex tenente Morbile Egidio, capocantiere di Borgo; Cherubino Giuseppe, capocantiere Castelnuovo; Martinelli Ubaldo, capocantiere di Telve; Magrini Agostino e Franceschi Adelchi, assistenti a Roncegno; Magnali Giovanni, magazziniere di Borgo; ing. Stievano G.B. e geom. Tosi Tullio, dipendenti S.E.V.. Lo Stato italiano si dichiarò in credito verso la Valsuganese di lire 1.562.826,36 (pari a 2 miliardi e 300 milioni attuali) e a garanzia di esso pose il divieto di alienazione sopra immobili della S.E.V. e del suo gerente D’Anna Giuseppe.