von mas 01.06.2017 06:45 Uhr

Briciole di Memoria 16: La Feuernacht nel ricordo di Luigi Sardi – 1° parte

Nell’avvicinarsi dell’anniversario della Feuernacht, voglio raccontare quell’evento con le parole di Luigi Sardi. Appassionato narratore di storia vera, nel giugno del 1961 Sardi era giornalista al quotidiano Alto Adige. La sua è una testimonianza di prima mano, vivida e realistica. E’ un racconto lungo: questa settimana ne propongo la prima parte; la seconda parte sarà il tema di “Briciole di Memoria” di giovedì prossimo.

A metà giugno la popolazione sudtirolese celebra il Sacro Cuore con i tradizionali fuochi del Solstizio. Tutti i borghi vengono imbandierati dai grandi vessilli con i colori del Tirolo; la gente indossa gli abiti tradizionali e a sera i monti si illuminano con le suggestive luci dei falò raffiguranti cuori sormontati da croci, aquile stilizzate o la cifra 1809 in memoria dell’anno della rivolta hoferiana.

Avvenne anche l’11 giugno del 1961 e quella notte la gente di Bolzano si era addormentata, mentre sulle montagne il bagliore dei fuochi non accennava ad affievolirsi. Poco dopo l’una, la prima violenta esplosione e la città piomba nel buio e nel terrore per il fragore di 37 “attentati”. Lampi azzurrognoli, rompendo l’oscurità, indicano il crollo, con le torri d’acciaio dei tralicci, dei cavi dell’alta tensione; le sirene delle camionette dei Carabinieri accentuano l’angoscia e nelle caserme i soldati di leva ricevono con le munizioni per i Garand, ordini contraddittori.

Attorno a una garitta s’ammucchiano sacchetti di sabbia e un ufficiale, rivoltella in pugno, ordina a un cronista in sella a una Lambretta di spegnere il faro “perché l’Austria ci sta attaccando” e quella luce, per quanto tremolante com’erano quelle dei faretti degli scooter di mezzo secolo fa, era fonte di evidenti pericoli. L’alba davvero livida vede una città frastornata, senza notizie, che stenta a capire cos’è successo, con i soldati in tuta mimetica e armati ,a presidiare i luoghi ritenuti strategici.

Fra Salorno e Cadino, lungo la statale del Brennero, una delle maggiori direttrici del turismo nordico verso l’Italia – all’epoca non c’era l’autostrada – Giovanni Postal, 67 anni di Grumo, stradino dell’Anas, pedalava per completare il consueto giro di ispezione e di lavoro. Nella notte, due cariche di dinamite collocate l’una vicinissima all’altra, erano esplose fra i binari della linea ferroviaria appena a sud della stazione di Salorno, ma i treni erano già bloccati dal crollo dei tralicci dell’alta tensione e lo stradino era andato a vedere le buche lasciate dalle esplosioni.

Un paio di mesi prima, il 28 marzo, proprio Postal aveva scoperto una carica di esplosivo collocata sulla facciata della baracca dell’Anas costruita proprio sul confine con la provincia di Trento. Gli “attentatori” avevano scritto con vernice nera il messaggio “hier ist Sudtirol” , ma l’esplosione non c’era stata perché la miccia si era spenta. Postal aveva tolto l’ordigno dalla baracca, poi aveva chiamato i Carabinieri e il suo gesto era stato elogiato dal questore di Trento Rossetti e dal Commissario del Governo Giulio Bianchi di Lavagna e la sua fotografia davanti alla baracca dell’Anas era stata pubblicata dai giornali Alto Adige e L’Adige.

Al mattino del 12 giugno lo stradino vide la carica collocata sul tronco dell’albero che, nelle intenzioni dei dinamitardi, reciso dall’esplosione, doveva cadere sulla strada segnando una simbolica sbarra di confine fra il Trentino e il Sud Tirolo: sceso dalla bicicletta, aveva tento di staccarla. Raccontarono gli artificieri che scuotendo l’involucro, la brace della miccia si ravvivò facendo esplodere l’ordigno. Oppure, questa è un’altra versione, l’esplosione era stata regolata sulle ore 9 da un orologio.

Oggi sappiamo che gli “attentatori” non volevano nel modo più assoluto, ferire e men che meno uccidere: la morte di Postal li lasciò esterrefatti ma ogni recriminazione, ogni pentimento erano inutili: il delitto era stato commesso. L’esplosione scaraventò il corpo in mezzo alla strada e il primo testimone che arrivò sul posto, proveniva da Bolzano in sella a una Lambretta, pensò a un uomo investito da un’auto pirata.

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