von mas 27.05.2017 06:03 Uhr

Lo zafferano del carcere di Trento

Quando il recupero sociale passa attraverso l’agricoltura – ce ne parla Alessandro Navarini

Le prigioni non dovrebbero essere dei luoghi esclusivamente mirati alla detenzione, ma anche al reinserimento nella comunità. Il carcere di Trento, al di là delle mura impenetrabili, offre dal 2015 in collaborazione con la cooperativa La Sfera la possibilità per una squadra di detenuti di coltivare zafferano e cavoli cappuccio.

La nuova Casa Circondariale di Trento ha ottenuto elogi a più riprese per la sua modernità. Si sono spese tante pagine per spiegare nei minimi dettagli il numero di celle, di dipendenti e di detenuti, ma non si è parlato quasi mai di un’altra dimensione, quella del recupero sociale dei carcerati. In tal senso un progetto piuttosto ambizioso è stato lanciato dalla cooperativa sociale La Sfera, che dal 2015 segue e coordina una squadra part-time di sei persone impegnate nelle coltivazioni biologiche di zafferano e cavoli cappuccio negli ampi spazi interni alla struttura, di circa 9000 metri quadri. I prodotti sono poi commercializzati con il marchio Galeorto.

galeorto 2

L’assessore Alessandro Olivi, si è detto entusiasta del progetto, affermando che “il lavoro è dignità e libertà e sarebbe bene che ce ne ricordassimo più spesso. Quando parliamo di lavoro, dovremmo parlare non solo di PIL, ma anche di valori”.   Il direttore del carcere, Valerio Pappalardo, ha spiegato che la priorità della struttura è quella di combattere la recidiva, e che lo si può fare proprio attraverso progetti che investano sul detenuto, per aiutarlo a reinserirsi una volta tornato in libertà.

Nella scorsa stagione si sono raccolti ben 500 grammi di quello che è conosciuto come “oro rosso”. Questo è disponibile in barattolini da 0,3 grammi, sufficienti per preparare risotto per 12 persone. Un altro uso che è stato fatto di questo prodotto è stato in una birra. Questo progetto è nato quando la cooperativa La Sfera ha cercato dei partner privati che desiderassero utilizzare i prodotti agricoli nelle loro imprese. Ha trovato il birrificio Argenteum di Cortesano, che nell’ambito di una ampia fase di ricerca ed innovazione ha realizzato una nuova birra dal nome Zafferana, aromatizzata proprio con lo zafferano del carcere.

Non si ferma a questo l’offerta dei prodotti agricoli dal carcere trentino, da qualche anno vi è infatti anche una coltivazione di cavoli cappuccio, che vengono trasformati in crauti dall’azienda agricola biologica Di Stefano Debiasi di Rovereto, e venduti in confezioni da 500 grammi.

Per il futuro vi è l’obiettivo di sfruttare tutta la superficie coltivabile a disposizione, intanto è possibile supportare il progetto acquistando i prodotti, in particolare le confezioni di zafferano presso la cooperativa La Sfera in via Kufstein, mentre i Crauti al negozio Mandacarù in Piazza Fiera.

Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito internet del progetto www.galeorto.org

Jetzt
,
oder
oder mit versenden.

Es gibt neue Nachrichten auf der Startseite