von mas 29.03.2017 06:30 Uhr

Toponomastica: facciamo chiarezza?

Il dibattito sulla questione “toponomastica” continua, con qualche tono polemico, anche fuori dai confini provinciali.

Lunedi 27 marzo, un quotidiano di Trento ha pubblicato integralmente la “LETTERA APERTA AGLI ITALIANI”, scritta una decina di giorni fa da Christian Pfeifer sulla questione toponomastica. L’autore, che è il direttore responsabile della rivista “Südtiroler Wirtschaftszeitung”, intende raccontare “L’altra verità, quella degli altoatesini di lingua tedesca, che in questioni come quella toponomastica sono distanti anni luce dalla politica”. Interessante la presentazione della lettera : si va di male in peggio, se “qualcuno” per malafede o per ignoranza, getta benzina sul fuoco; ma c’è chi si ribella, quasi sottointendendo “per fortuna”. Nulla di nuovo sotto il sole di Trento, verrebbe da dire.

Già il fatto che un sudtirolese si presenti come un “altoatesino di lingua tedesca” dovrebbe far pensare. Per fare ulteriore chiarezza (e non certo per gettare ulteriore benzina sul fuoco) riportiamo alcuni stralci di una interessante “risposta aperta” a cura di Harald Knoflach (qui il link al testo completo, pubblicato da Brennerbasisdemokratie).

“Col suo testo vuol far credere che la sua sia un’opinione largamente condivisa, anche e soprattutto fra la popolazione di lingua tedesca. Esistono però dati statistici che contraddicono questa sua pretesa e ne smascherano l’inesattezza, lontana dalla realtà dei fatti. Secondo il barometro linguistico del 2014, infatti, il 71,4% delle cittadine e dei cittadini di lingua tedesca sono dell’avviso che le località in Sudtirolo non debbano avere, capillarmente, due/tre nomi. E pur sempre un quarto degli italofoni è dell’opinione che i nomi di Tolomei non siano necessari sempre e ovunque.
Se guardiamo un po’ oltre i confini della nostra terra vediamo che tale opinione maggioritaria non è appannaggio di un’eventuale arretratezza sudtirolese, bensì corrisponde alla prassi internazionale per dirimere le questioni di toponomastica. Barack Obama ha restituito il nome originale — Denali — al monte più alto dell’America settentrionale, conosciuto per decenni come Mt. McKinley. Non penso che con tale passo abbia sminuito il diritto di sentirsi a casa degli abitanti di provenienza europea in Alaska. Il monolite sito nell’Australia centrale dopo un breve episodio (150 anni) è tornato a chiamarsi Uluru (e non più Ayers Rock). In Groenlandia, Sudafrica, Spagna, Francia, Canada e perfino in Cina si è dato il giusto peso agli endonimi, togliendo lo status di ufficialità ai nomi di dubbia storicità — cosa che ovviamente non vieta a nessuno di continuare a usare tali denominazioni. Così come, senza alcun problema, possiamo usare l’esonimo Mt. Everest per quello che in Cina ufficialmente ha il nome tibetano (!) di Qomolangma e sul lato meridionale porta il nome nepalese di Sagarmatha. Solo qui da noi evidentemente l’ufficialità della Vetta d’Italia è sacrosanta.Secondo l’ONU le condizioni che hanno portato all’introduzione di un nome sono da tenere in considerazione quando decidiamo quali toponimi debbano essere ufficiali, un aspetto che indubbiamente va a sfavore del mantenimento delle invenzioni del protofascista Ettore Tolomei.

Tanto per aggiungere un ulteriore spunto di riflessione, sempre una decina di giorni fa, in una seduta della Convenzione per la Revisione dello Statuto, la consigliera provinciale SVP Maria Hochgruber Kuenzer, ha proposto l’abolizione totale della denominazione “Alto Adige” e anche di quella “Provincia di Bolzano-Provinz Bozen”, da sostituire con “Land Südtirol”. Perché i veri problemi saranno anche altri, ma l’identità, da noi e per noi, è fondamentale. O no?

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