von mas 12.02.2017 19:46 Uhr

Mori: una manifestazione democratica

Una bella giornata di sole in piazza a Mori.  E centinaia di persone che dialogano e si confrontano serenamente.

“… perché hanno distrutto il nostro territorio, perché hanno creato l’ennesimo ecomostro moriano, perchè hanno cancellato secoli di storia, perché hanno imposto le decisioni dall’alto, perchè hanno militarizzato il nostro comune, perché hanno ignorato le alternative meno impattanti, perché la somma urgenza è stata usata strumentalmente, perché sono dieci anni che sapevano dell’esistenza di quel diedro, perché ancora oggi i cittadini sono lasciati in pericolo all’interno delle loro case, perché manifestare pacificamente è un diritto sacrosanto … “

Manifestare pacificamente è possibile:   si è visto oggi a Mori, dove oltre 500 persone, fra cui intere famiglie con nonni e bambini,  hanno sfilato per le vie del paese. Senza bandiere di partito o simboli di movimenti, solo e semplicemente persone, cittadini di Mori e non solo, uniti da un unico scopo: “Resistere al muro dell’arroganza”.  E pure senza divise o caschi antisommossa,  anche se ormai a Mori sono diventate un quotidiano: i militi  “difendono”  il cantiere e gli operai, protetti anche da un bunker realizzato a tempo di record, vuoi mai che il dietro decida di cadere proprio addosso a chi sta lavorando al faraonico vallo tomo.

Uniche intemperanze, se così le vogliamo definire, l’occupazione simbolica del cantiere, durata pochi minuti, e qualche tentativo di vandalismo, bloccato sul nascere.   Niente,  a confronto delle fosche previsioni della vigilia, quando c’era chi evocava per Mori scenari da Val di Susa.   Gli organizzatori, dopo aver denunciato la mancanza di considerazione e di dialogo soprattutto da parte del  sindaco e dei vertici della provincia,  nonché la distorta informazione di  parte della stampa, hanno  presentato le loro richieste:  fermare i lavori per la sicurezza dei lavoratori; incaricare una squadra di esperti per stabilizzare il diedro; evacuare i  residenti finché il diedro non è sicuro; ristabilire la partecipazione con la popolazione per decidere del futuro insieme della comunità.

Una protesta forse ormai solo simbolica,  che l’opera contestata è in avanzata fase di realizzazione. Ma che ha un suo peso, nei confronti di un governo provinciale che sempre di più pare incapace di trovare il giusto equilibrio fra governo, appunto, e democrazia; che continua a calare scelte dall’alto verso il basso, senza cercare comprensione e condivisione: si pensi anche alla sanità, alla scuola, ai comuni, alle gestioni associate, alle RSA.  Per essere un governo provinciale di una provincia autonoma, a guida autonomista, pare essersi dimenticato che l’autogoverno dovrebbe partire dalla base, dai territori e da lì arrivare al centro, e non il contrario.   La protesta simbolica di Mori è  un segnale chiaro: il 2018 non è poi così lontano.

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