Redaktion UT24

26.03.2016

Europaregion Tirol? Nach der Salurner Klause geht es weiter!

Dass unsere Heimat an sich in Kufstein beginnt und bei Borghetto aufhören sollte, lernte man noch in den Schulen und auch Volkslieder bezeugen davon. Dass der verwaltungspolitisch abgetrennte muttersprachlich hauptsächlich italienische Teil, wohlgemerkt mit Minderheitensprachen wie z.b.Ladinisch, Zimbrisch, Fersentalerisch und Mochenisch dank des Irredentismus und Faschismus und auch anschliessend mit den selben Problemen wie Erhaltung der Muttersprache oder den Ortsnamen hatte, wurde von der offiziellen Politik totgeschwiegen.

Bildnachweis: ilmondodeglischuetzen.it / Enzo Cestari

Als UT24 zu einem Vortrag nach Trumelays, italianisiert Trambileno, knapp 10 Kilometer von Rovereto entfernt, fuhr, erblickten wir schon zu Beginn eine wehende Tirolerfahne und im Eingangsbereich des dortigen Kulturhauses junge Menschen mit der neu angeschafften historischen Tracht der Gegend.

Veränderte Heimat

Man hätte meinen können wir sind hier irgendwo in Süd- oder Nordtirol bei einem kleinen Volksfest. Was dann allerdings der Hauptmann, Herr Marco Grossmann, der im Mai wiederzugründeten Schützenkompanie in seinem gut dokumentierten Vortrag erzählte, lies uns zu Denken übrig. Die Bevölkerung im historischen Tirolo Meridionale musste nach der Annektion Italiens mitansehen, wie sich ihre Heimat namentlich veränderte.

Bairischer Ursprung

Ein kleines Beispiel der Monte Pasubio, der von nichts anderem kommt als Passuber, über den Pass gehen. Das Fersentalerische Idiom ist bairisch. Deswegen verstehen wir als Süd-Tiroler dieses Dialekt gut, wenn man konzentriert hinhört. Doch gegen diese nationalistische Vereinamung wehren sich immer mehr vor allem junge Menschen, die ihre Heimat und die Erzählungen, welche sie noch von ihren Großeltern kennen, erhalten bzw. original neu erschaffen wollen.

Tirol ist größer als Süd-, Nord- und Osttirol

Wenn man also von Europaregion sprechen will, muss man auch wissen, dass an der Basis viel Aufholbedarf besteht und es nicht nur um Politik und Wirtschaft gehen kann. In erster Linie geht es um die gemeinsame kulturelle Basis, die es zu retten gilt.

Wir haben ein Interview mit Herrn Marco Grossmann in seiner Muttersprache geführt. Er ist der Hauptmann der neu zu gründenden Schützenkompanie in Trambileno.

UT24: Egregio Signor Grossmann, lei attualmente e´ Hauptmann di una compagnia del Welschtirol che avra´ a Maggio la festa di rifondazione dopo 100 anni. Cosa le ha portato a spingere questa iniziativa?

Grossmann: Il nostro territorio, la Vallarsa-Brandtal è stato tra quelli maggiormente martoriati dall’aggressione italiana al Tirolo, devastato dalla guerra ed aggredito per decenni da un violento nazionalismo italiano, al punto che alla sola notizia dell’uso della nostra lingua germanica all’interno del cerchio famigliare o l’esternare termini e sentimenti tirolesi, comportava l’immediato trasferimento forzato in un lager italiano dove in pochi facevano ritorno. In questa situazione sono maggiormente grato alla mia famiglia per l’eredità culturale ed identitaria che mi ha trasmesso, assieme al senso di responsabilità. Questo mi ha spinto ad organizzare coloro che vivono lo stesso sentimento, ritornando unitamente a lottare da veri Schützen per i nostri diritti identitari. La data della nostra formale rifondazione non è casuale, a Maggio del 1916 la nostra Standschützenkompanie liberò da sola la nostra valle dagli italiani, a Maggio 2016 riprenderemo un discorso interrotto da 98 anni.

Lei ha un cognome visibilmente di connotazione tedesca come tanti cittadini nel “Trentino”, come definirebbe la sua madre lingua e se non e´ italiano o tedesco quale´?

I glottologhi la definiscono Hochdeutsch, di fatto è un’antica lingua germanica parlata in Baviera. Il cognome della mia famiglia era Groazmon, aggiornato successivamente in Grossmann.

L’opera italiana, l’ha trasformato poi in Omenigrandi, sul quale conto di mettere presto e definitivamente una pietra tombale.

La sua piccola Heimat, che confina a Rovereto, come venne chiamata per centenni?

Premetto che a mio avviso il termine “Welschtirol” è improprio se con esso si identifica il Sud del Tirolo (Trentino), sarebbe molto più preciso parlare di Deutsch Südtirol e Welsch Südtirol. Mio nonno si definiva “Taicha” e “Belsch” gli abitanti della Valle dell’Adige.

La Valle ha da secoli una doppia toponomastica, la prima “Brandtal” di origine autoctona, la seconda “Vallarsa” indotta dalle popolazioni di lingua latina confinanti.

Sulla toponomastica violata, mi puo´ fare esempi di montagnie e loci dove il fascismo ha deciso che si devono chiamarsi diversamente?

Per la verità prima del fascismo compirono danni alcuni irredentisti tristemente noti e professionisti della toponomastica e cartografia, come Tolomei e Battisti. A guerra finita la tendenza è proseguita per mano del fascismo o di coloro che ne fondarono le basi.

Il Sand Ecke divenne “Col Santo”, il Domberg divenne “Col Santino”, l’Hoch Kofel divenne “Palon”, il Kofel divenne “Soglio dell’incudine” e gli Eisspitze divennero “Dente austriaco” e “Dente italiano”.

Secondo lei vale la pena chiedere alla politica di aggiungere, dove storicamente probabile, i nomi scomparsi dei paesi e vallate nella segnaletica stradale, su edifici pubblici ect.

Credo che il tema sia fondamentale per non perdere il senso della vita della nostra gente. Ogni monte, valle, sentiero o campo hanno un nome che richiama fortemente la storia vissuta dalla nostra gente, di coloro che per primi hanno antropizzato il territorio con grandi sacrifici e che successivamente lo difesero con tutte le forze. Cito un esempio, apparentemente insignificante, trattandosi di un semplice sentiero tra i nostri monti, che la SAT/CAI indica nella segnaletica con il nome di “Zie”, dove per noi è “Zihen”, da questo sentiero per secoli si tirava a monte il fieno, ora nella lingua italiana identifica le sorelle dei genitori…

La politica non si è mai occupata di questo, la nostra politica propone riferimenti culturali di globalizzazione, ovviamente italiana, sostenendo l’oblio della memoria popolare antecedente al 1918. La politica deve però inevitabilmente relazionare col popolo, renderlo consapevole e colto è compito di persone come gli Schützen che oggi combattono con la comunicazione culturale in ogni modo possibile, parole, scritti, comportamenti e presenza, si tramutano poi in politica.

Entro breve ci saranno 30 compagnie nel Tirolo Meridionale, abbiamo notato un forte aflusso di giovani, sembra un buon segno?

E’ vero che i numeri ci stanno dando soddisfazione, alla quantità deve però seguire la qualità, occorre fare molto bene comprendere la differenza tra una Schützenkompanie ed un Trachtenverein. Questo da sempre in Welschtirol crea imbarazzo e disapprovazione nella politica che oggi deve però inevitabilmente prendere atto della realtà che evolve.

Quale appello vorebbe mandare ai tirolesi che nuotano diciamo in acque piu´ “sicure” al nord?

Faccio appello al carattere culturale che ha da sempre costituito il forte legante del nostro popolo, un denominatore comune e trasversale che sanciva fedeltà ed orgoglio per la nostra Heimat. La rassegnazione non ci appartiene, così come non ci appartiene opportunismo e mendacia, caratteri e modelli che la società italiana sta tentando da quasi cento anni di iniettarci.

Oggi purtroppo il Tirolo soffre divisioni interne ed è fortemente inquinato da culture che ci vorrebbero eliminare dalla memoria dell’umanità. Nel sud del Tirolo stiamo combattendo per sopravvivere prima fisicamente, poi etnicamente, il fronte esiste ancora, inutile negarlo e non per nostra volontà. Stiamo combattendo una lotta di diritti umani per il popolo Tirolese non solo in contrapposizione ad una cultura italiana a noi aliena, ma anche contro una forte globalizzazione nemica dei popoli, dove anche le “acque sicure” sono sempre più compromesse. Il modello di unità tirolese è pertanto di estrema attualità ed al motto “Wir sind ein Volk” resteremo vivi e proprietari in casa nostra.

(gmo)

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